Terroir e biogeografia microbica
dei vini biodinamici certificati Demeter
di BIO Cantina {Sociale} Orsogna

Il vino biodinamico è il vino del futuro, dal sapore e saperi antichi; in esso c’è il territorio con il suo sole, vento, acqua e terra che accompagnano la vite durante il suo ciclo vitale e gli donano la forza per sostenere la vinificazione naturale che rinuncia all’aiuto degli additivi chimici.

Il terroir microbico influenza le caratteristiche del vino e gli conferisce tratti unici legati alla zona di origine.

I lieviti ancestrali e selvaggi dei vini di BIO Cantina Sociale Orsogna sono capaci di affrontare la fermentazione a condizione che il processo di vinificazione sia privo di forzature, soprattutto di aggiunta di solfiti.

LA COLTIVAZIONE BIODINAMICA e l’impegno dei nostri vignaioli

La terra non è un substrato “inerte”, ma un vero e proprio organismo vivente in grado di assimilare, metabolizzare e trasformare gli elementi presenti in natura per restituirli sotto forma di molecole complesse che costituiscono principi nutritivi unici ed insostituibili. Un enorme ecosistema pulsante sotto i nostri piedi. La vita del suolo è fondamentale per la nutrizione delle piante, coltivando in modo naturale su terreni viventi sani e fertili otteniamo uve ricoperte da una ricca micro-vita e il vino si fa da solo. La vita microbiologica del vigneto consente di ottenere fermentazioni di successo in cantina e sostenere un habitat salutare nel vigneto è fondamentale per l’ottenimento di un vino biodinamico a fermentazione spontanea. L’uso di fungicidi convenzionali indebolisce le popolazioni di lieviti, seleziona ceppi di lieviti diversi da quelli autoctoni e rende più difficile la fermentazione. Altro aspetto importante del vino biodinamico è il legame al terroir (dal francese “Terra”) che inevitabilmente esprime “il senso del luogo di origine“, una “combinazione unica e irriproducibile di fattori (pianta, clima, geologia, suolo, ecc.) in un determinato anno“. L’originalità o singolarità di un vino è strettamente legata al luogo e alle condizioni climatiche dell’anno e al fatto che ha la piena libertà di esprimersi, cosa che non accade nei vini convenzionali dove queste variazioni sono appianate dagli interventi sia in vigna che in cantina.

TERROIR E BIOGEOGRAFIA MICROBICA

I vini biodinamici legano la loro complessità alla fermentazione spontanea dove nella prima fase della fermentazione i lieviti apiculati impartiscono al vino l’impronta digitale del terroir microbico attraverso profili organolettici unici. Nella fermentazione convenzionale ai lieviti apiculati non viene permesso di esprimersi in quanto vengono eliminati con i solfiti e con la forte colonizzazione dei lieviti industriali aggiunti.

VINI A FERMENTAZIONE SPONTANEA

I vini biodinamici Demeter (tutti a fermentazione spontanea), a differenza dei vini convenzionali, basano la loro complessità principalmente sui lieviti apiculati che contribuiscono ad impartire profili organolettici unici e complessi al vino: “vino legato al territorio, al modo di coltivare la vigna e all’annata”. L’agricoltura biodinamica, attenta e in relazione sinergica con la natura, produce uve microbiologicamente “vive” capaci di affrontare una fermentazione spontanea ma questo a condizione che il processo di vinificazione sia privo di forzature come l’aggiunta di solfiti.
Per millenni i vini sono stati ottenuti dalle fermentazioni spontanee: si raccoglieva l’uva matura, veniva pigiata e pressata e naturalmente si innescava il processo spontaneo di fermentazione del mosto figlio dell’annata. Le fermentazioni svolte in maniera spontanea sono condotte dai lieviti naturalmente presenti sulle bucce delle uve, i cosiddetti lieviti indigeni, diversi da zona a zona e da vigneto a vigneto capaci di trasmettere al vino le caratteristiche uniche del luogo e dell’annata. Quando si parla di vino si usa spesso la parola terroir, cioè l’insieme di tutti quei fattori che lo rendono unico: il clima, il suolo ma anche la tradizione agronomica e enologica. Fortunatamente, negli ultimi anni, è sempre più forte l’idea che l’unicità del vino dipenda anche dalla comunità microbica che caratterizza le uve e il suo territorio (terroir microbico). Il “terroir microbico” influenza le caratteristiche del vino e gli conferisce tratti unici legati alla zona d’origine. Importante per l’espressione di un terroir microbico la gestione agronomica del vigneto: l’uso dei fungici e degli antiparassitari in genere, le lavorazioni, il diserbo, l’inerbimento ma anche le letamazioni o l’uso dei concimi chimici che condizionano le popolazioni fungine associate alle uve.

L’enologia attuale ha sostituito le fermentazioni spontanee con i lieviti industriali in quanto:
• i trattamenti antiparassitari di sintesi nella vigna hanno ucciso i lieviti delle uve, costringendo al ricorso ai lieviti selezionati per la fermentazione;
• l’enologia attuale ha la necessità di standardizzare la produzione e di ridurre l’errore all’interno di processi di vinificazione;
• il marketing e i commerciali puntano a ottenere vini che piacciono alla maggior parte dei consumatori e ogni anno sempre riproducibili.

I lieviti industriali tendono a omologare gusti e sapori e spezzano il legame fra prodotto e territorio.
• La fermentazione spontanea è il momento in cui la vigna cede il posto alla cantina e consegna l’unicità nell’annata e del terroir che sono contenuti nell’uva che solo la fermentazione spontanea può esprimere;
• La fermentazione spontanea lavora con quanto la natura offre ogni anno e si affida alla forza e alla salute del vigneto per ottenere grandi uve coperte da una microflora (lieviti) che fermenterà bene e facilmente in cantina;
• La fermentazione spontanea è strettamente legata alle uve mature: il momento in cui l’acino contiene i semi maturi capaci di germinare (danno nuovi esemplari di vite) e le bucce hanno una ricchezza di popolazione di lieviti indigeni capace di trasformare gli zuccheri contenuti negli acini in alcol;
• La fermentazione spontanea può essere svolta solo da uve provenienti da un’agricoltura naturale e pulita come quella biodinamica che porta in cantina uve sane e microbiologicamente “vive” capaci di affrontare una fermentazione spontanea;
• La fermentazione spontanea ha grosse difficoltà di svolgimento in presenza dei solfiti. Questi ultimi hanno una funzione antisettica che previene lo sviluppo della moltitudine di famiglie di lieviti indigeni presenti sulla buccia del frutto che costituiscono la base fondamentale di ogni vino naturale che è la vera espressione del terroir.

VINI NON STABILIZZATI TARTARICAMENTE

Il vino biodinamico e il disciplinare di vinificazione Demeter per la stabilizzazione tartarica ammette i mezzi naturali (freddo invernale) e non i trattamenti fisici (refrigerazione), chimici (aggiunta di carbossi-metil-cellulosa, acido meta-tartarico, gomme arabiche e altro). Trovare nella bottiglia piccoli cristalli (tartrati) significa che “il vino ha sentito freddo” e ha rilasciato delle innocue precipitazioni naturali.

COME SI PRODUCE LA PRECIPITAZIONE

Il vino è intrinsecamente una bevanda acida e l’acido tartarico, anticamente detto Acido Uvico, rappresenta l’acido organico più presente. L’acido tartarico forma naturalmente dei sali (tartrato di calcio o di potassio) che sono in “equilibrio” chimico – fisico nel vino, l’eccessiva presenza dei sali o un abbassamento della temperatura altera l’equilibrio formando cristalli che sedimentano nel vino.

I TARTRATI SONO INDICE DI QUALITÀ DELLE UVE

La presenza di tartrati è un indice di uve di qualità che hanno raggiunto un alto grado di maturazione con alto valore di pH e di concentrazione di minerali (calcio e potassio) e porta all’aumento dei cristalli di tartrato nel vino.

I TARTRATI NON SONO DANNOSI PER LA SALUTE E NON ALTERANO IL GUSTO DEL VINO

I cristalli nel vino non vanno a scapito della qualità e non nuocciono mai alla salute del consumatore. Anzi scegliere il processo naturale di stabilizzazione tartarica e lasciare il massimo possibile di precipitati ricchi di potassio (tartrato di potassio) è un elemento molto utile per la salute (cuore, sangue, ecc.).
Non tutti sanno che:
> il tartrato viene acquistato per essere utilizzato dall’ industria della cosmesi;
> il bitartrato di potassio nel campo alimentare viene oggi venduto per la pasticceria;
> il suo sapore è neutro, al massimo leggermente acidulo, ricorda la sabbia in bocca, ma si dissolve rapidamente per effetto della saliva.

IL CONSUMO ENERGETICO DELLA STABILIZZAZIONE TARTARICA

La stabilizzazione tartarica convenzionale prevede che il vino prima di andare in bottiglia deve essere portato da temperatura ambiente a -5°/-6°C circa e mantenuto a questa temperatura per alcuni giorni (6-7), tecnica che soprattutto nel periodo estivo porta a un notevole e inutile consumo energetico. Un vero peccato usare questa enorme quantità di energia allo scopo di evitare la presenza di qualche milligrammo di innocui cristalli di tartrato, indice di qualità delle uve, di poca manipolazione del vino, apprezzati per le loro qualità alimentari, salutistiche, cosmetiche e non alterano il gusto del vino.Il vino biodinamico e il disciplinare di vinificazione Demeter per la stabilizzazione tartarica ammette i mezzi naturali (freddo invernale) e non i trattamenti fisici (refrigerazione), chimici (aggiunta di carbossi-metil-cellulosa, acido meta-tartarico, gomme arabiche e altro). Trovare nella bottiglia piccoli cristalli (tartrati) significa che “il vino ha sentito freddo”e ha rilasciato delle innocue precipitazioni naturali.

COME SI PRODUCE LA PRECIPITAZIONE

Il vino è intrinsecamente una bevanda acida e l’acido tartarico, anticamente detto Acido Uvico, rappresenta l’acido organico più presente. L’acido tartarico forma naturalmente dei sali (tartrato di calcio o di potassio) che sono in “equilibrio” chimico – fisico nel vino, l’eccessiva presenza dei sali o un abbassamento della temperatura altera l’equilibrio formando cristalli che sedimentano nel vino.

I TARTRATI SONO INDICE DI QUALITÀ DELLE UVE

La presenza di tartrati è un indice di uve di qualità che hanno raggiunto un alto grado di maturazione con alto valore di pH e di concentrazione di minerali (calcio e potassio) e porta all’aumento dei cristalli di tartrato nel vino.

I TARTRATI NON SONO DANNOSI PER LA SALUTE E NON ALTERANO IL GUSTO DEL VINO

I cristalli nel vino non vanno a scapito della qualità e non nuocciono mai alla salute del consumatore. Anzi scegliere il processo naturale di stabilizzazione tartarica e lasciare il massimo possibile di precipitati ricchi di potassio (tartrato di potassio) è un elemento molto utile per la salute (cuore, sangue, ecc.).
Non tutti sanno che:
> il tartrato viene acquistato per essere utilizzato dall’ industria della cosmesi;
> il bitartrato di potassio nel campo alimentare viene oggi venduto per la pasticceria;
> il suo sapore è neutro, al massimo leggermente acidulo, ricorda la sabbia in bocca, ma si dissolve rapidamente per effetto della saliva.

IL CONSUMO ENERGETICO DELLA STABILIZZAZIONE TARTARICA

La stabilizzazione tartarica convenzionale prevede che il vino prima di andare in bottiglia deve essere portato da temperatura ambiente a -5°/-6°C circa e mantenuto a questa temperatura per alcuni giorni (6-7), tecnica che
soprattutto nel periodo estivo porta a un notevole e inutile consumo energetico. Un vero peccato usare questa enorme quantità di energia allo scopo di evitare la presenza di qualche milligrammo di innocui cristalli di tartrato, indice di qualità delle uve, di poca manipolazione del vino, apprezzati per le loro qualità alimentari, salutistiche, cosmetiche e non alterano il gusto del vino.

VINI SENZA SOLFITI AGGIUNTI

La tecnica di vinificazione convenzionale prevede l’aggiunta dei solfiti durante il processo di vinificazione allo scopo di inibire lo sviluppo dei ceppi indesiderati (apiculati) e favorire lo sviluppo di lieviti ritenuti utili alla fermentazione (ellittici). I lieviti delle comunità microbiche presenti spontaneamente nell’uva (apiculati), a differenza dei lieviti industriali aggiunti (ellittici), subiscono l’azione abbattente dai solfiti.
I vini biodinamici sono legati alla forza e alla salute del vigneto che produce uve ricche di lieviti in grado di restituire al vino i sapori autentici del territorio.
Alla base della fermentazione spontanea c’è il rispetto della microflora dell’uva che, attraverso la fermentazione spontanea, consegna al vino l’unicità dell’annata e del territorio. Al contrario nelle fermentazioni convenzionali l’uso dei solfiti e dei lieviti industriali non permettono ai lieviti apiculati (selvaggi) di svilupparsi e esprimersi. Il vino biodinamico non ha bisogno di conservanti aggiunti per la sua stabilità nel tempo, le uve possiedono già tutti gli elementi necessari sia per la fermentazione che la stabilizzazione naturalmente nel tempo.