Descrizione
Vitigno
100% Pecorino
Origine del Vitigno
Il Pecorino è un vitigno a bacca bianca autoctono delle Marche e dell’Abruzzo. La prima fonte documentale sull’origine del vitigno risale all’anno 1526 ed è contenuta negli Statuti di Norcia (PG) dove si trova un riferimento alle «vigne de pecurino». Nel 1876 il risultato del censimento sulle viti del Ministero d’Agricoltura segnala la presenza del vitigno pecorino fra le province di Pesaro, Ancona, Macerata e Teramo. Questo vitigno, diffusosi prima della fillossera, nel corso del 900 è stato gradualmente abbandonato per lasciare spazio a varietà come il Trebbiano, maggiormente produttive. Dopo anni di oblio, durante i quali il Pecorino ha rischiato l’estinzione, i vignaioli marchigiani e abruzzesi hanno iniziato a coltivarlo e vinificarlo in purezza. Possibili origini del nome: Uva dei “pecorari”: nome di un’uva reputata di scarso pregio, adatta a gente umile come “i pecorari” (termine dispregiativo); Il formaggio “frizzante pecorino”: il vino di questa uva rifermentava (acido malico) con i primi caldi di primavera, presentandosi effervescente, “vivace” o “frizzante“. Allo stesso modo il formaggio ottenuto dal latte di pecora era, ed è, marcato da una vivacità di sapore. Emerge qui la similitudine e la sinonimia antica dei termini “piccante” (formaggio) e “frizzante” (vino); “Pecore buongustaie”: la partenza per la transumanza (la migrazione stagionale delle greggi coi loro pastori) coincideva con il periodo di maturazione di questa uva e le pecore erano attratte dai dolci grappoli con liti tra pastori e agricoltori a causa delle pecore che danneggiavano le vigne; La forma “allungata” dei grappoli sembrerebbe ricordare la forma della testa di una pecora. Il Pecorino è un vino roccioso, dalla struttura notevole, capace di accumulare zuccheri-alcol ma ben sostenuto da una spalla acida. Affilato ma mai sgarbato, non ha finezza sottile ma ha tanta polpa che gli ha fatto guadagnare la nomea di “vino rosso vestito di bianco”.
Forma di Allevamento
Tendone o nel dialetto locale “la capanne”. Forma di allevamento espansa tradizionale del territorio che si caratterizzata da una bassa densità di piante per ettaro (1.100-1.600) capace di assecondare la naturale armonia dello sviluppo vegetativo della vite. Nella “capanne” la raccolta e la potatura sono esclusivamente manuali, strettamente legate al vignaiolo e alla piccola proprietà contadina.
Terreno e Altitudine
Terreni profondi argillosi con venature calcaree. Vigneti coltivati a 400-500 m s.l.m.
Tipo di Conduzione Agricola
Biodinamica con certificazione DEMETER. La coltivazione biodinamica è importante per la vita microbiologica del terreno che è fondamentale nella fermentazione spontanea del vino biodinamico. In agricoltura convenzionale l’uso di fungicidi indeboliscono le popolazioni di lieviti e rendono molto difficile la fermentazione spontanea. La biodinamica restituisce al vino il luogo di origine, definito dai francesi come “Terroir” (territorialità).
Vinificazione
LA FERMENTAZIONE SPONTANEA
Per millenni le fermentazioni si sono svolte in maniera spontanea innescate dai lieviti presenti in natura i cosiddetti lieviti indigeni o autoctoni o selvaggi, diversi da zona a zona capaci di trasmettere al vino le caratteristiche uniche del luogo e dall’annata.
COSA HA UCCISO LA FERMENTAZIONE SPONTANEA?
Le fermentazioni spontanee, legate ai lieviti selvaggi, sono andate in difficoltà con la diffusione dei pesticidi, fertilizzanti chimici e dei diserbanti nei primi anni ’60 che hanno annientato la vita microbiologica dei nostri vigneti, costringendo a ricorrere ai lieviti selezionati per l’avvio della fermentazione. Solo con un’agricoltura attenta e pulita, frutto della relazione sinergica con la natura, si potranno portare in cantina uve sane e microbiologicamente “vive”, capaci quindi di affrontare una fermentazione spontanea e processo di vinificazione privo di forzature e costrizioni, per una vera espressione del terroir. Fondamentale per il successo di una fermentazione spontanea è anche che la tecnica di vinificazione sia rispettosa della vita microbica: l’aggiunta dei solfiti sull’uva o nei mosti uccide la microflora dell’uva (lieviti) e compromette la fermentazione. Questa è la ragione per cui la fermentazione spontanea può essere condotta solo senza aggiunti di solfiti mentre in convenzionale l’uso dei lieviti industriali tolleranti ai solfiti permette di fermentare anche con l’aggiunta di solfiti.
TERROIR E LA BIOGEOGRAFIA MICROBICA
I vini biodinamici legano la loro complessità alla fermentazione spontanea dove nella prima fase della fermentazione i lieviti apiculati impartiscono al vino l’impronta digitale del terroir microbico attraverso profili organolettici unici. Nella fermentazione convenzionale ai lieviti apiculati non viene permesso di esprimersi in quanto vengono eliminati con i solfiti e con la forte colonizzazione dei lieviti industriali aggiunti.
STABILIZZAZIONE TARTARICA NATURALE
trovare nella bottiglia piccoli cristalli (tartrati) significa che “il vino ha sentito freddo” e che ha rilasciato delle innocue precipitazioni naturali. Nel vino biodinamico non sono ammessi trattamenti fisici (refrigerazione), chimici (aggiunta di carbossi-metil-cellulosa, acido meta-tartarico, gomme arabiche e altro) e viene utilizzato solo freddo invernale come elemento di stabilizzazione tartarica. La tecnica convenzionale di stabilizzazione tartarica prevede che il vino prima di andare in bottiglia deve essere portato da temperatura ambiente a – 6/-7 °C circa e mantenuto a questa temperatura per alcuni giorni (6-7). La tecnica di stabilizzazione tartarica convenzionale, soprattutto nel periodo estivo, porta a un notevole consumo energetico. Un vero peccato questo enorme consumo di energia per evitare la presenza di qualche milligrammo di innocui cristalli di tartrato.
LIMITI DEI SOLFITI
Limite del vino biodinamico Demeter = vino bianco max 90 mg/lt
FILTRAZIONE
Non ammessa la filtrazione sterile.
AFFINAMENTO
Vasche di cemento e bottiglia.
Caratteristiche sensoriali
SCHEDA ORGANOLETTICA
Colore: giallo paglierino brillante con riflessi dorati.
Profumo: deciso e profondo, con sentori di arancia, sambuco, spezie e note legnose agrumi, fieno, fiori secchi e anice.
Sapore: minerale, armonico, molto persistente.
ABBINAMENTO GASTRONOMICO
Primi piatti elaborati, carni bianche, piatti a base di pesce e crostacei.
SERVIRE A 10-12°C