Descrizione
Vitigno
100% Trebbiano
Origine del Vitigno
L’origine del vitigno è molto antica: prova ne è che lo scrittore Andrea Bracci (1595), nella sua opera De naturali vinorum historia de vinis italiae, fa riferimento al vino Trebulano che i Romani indicavano come vino proveniente dalla città di Trebula (oggi Treglia – Campania). Sante Lacerno, il bottigliere (sommelier) del Papa Paolo III (1549), nel parlare del Trebbiano scrive: “il Trebbiano […] Questa tale di sorta di vino è delicato da bere […] dorato, di odore non troppo acuto, amabile, non dolce, non aggressivo […]. Sua Santità volentieri li bevea nello autunno fra la nova e la vecchia stagione”. Gli scrittori latini, tra cui Plinio, con il termine Trebulans (Trebbiano), indicavano quello che oggi chiamiamo vino locale (casale, fattoria). È un vitigno dalla grande capacità produttiva e di adattamento alle diverse tipologie di terreno e di condizioni climatiche. I vari vitigni Trebbiano prendono il nome dalla zona di provenienza o dall’area di maggiore diffusione: ricordiamo il Trebbiano Abruzzese, Toscano, Romagnolo, Modenese, Spoletino, di Soave. Questi formano diverse DOC (tra cui il Trebbiano d’Abruzzo). Il vino ottenuto dalle uve Trebbiano d’Abruzzo è caratterizzato da un aroma vinoso, da un colore giallo chiaro dorato con riflessi verdastri, mediamente acidulo, sapido, asciutto ed armonico.
Forma di Allevamento
Tendone o nel dialetto locale “la capanne”. Forma di allevamento espansa tradizionale del territorio che si caratterizzata da una bassa densità di piante per ettaro (1.100-1.600) capace di assecondare la naturale armonia dello sviluppo vegetativo della vite. Nella “capanne” la raccolta e la potatura sono esclusivamente manuali, strettamente legate al vignaiolo e alla piccola proprietà contadina.
Terreno e Altitudine
Terreni profondi argillosi con venature calcaree. Vigneti coltivati a 400-500 m s.l.m.
Tipo di Conduzione Agricola
Biodinamica con certificazione DEMETER.
La coltivazione biodinamica è importante per la vita microbiologica del terreno che è fondamentale nella fermentazione spontanea del vino biodinamico. In agricoltura convenzionale l’uso di fungicidi indeboliscono le popolazioni di lieviti e rendono molto difficile la fermentazione spontanea. La biodinamica restituisce al vino il luogo di origine, definito dai francesi come “Terroir” (territorialità).
Vinificazione
LA FERMENTAZIONE SPONTANEA
Per millenni le fermentazioni si sono svolte in maniera spontanea innescate dai lieviti presenti in natura i cosiddetti lieviti indigeni o autoctoni o selvaggi, diversi da zona a zona capaci di trasmettere al vino le caratteristiche uniche del luogo e dall’annata.
COSA HA UCCISO LA FERMENTAZIONE SPONTANEA?
Le fermentazioni spontanee, legate ai lieviti selvaggi, sono andate in difficoltà con la diffusione dei pesticidi, fertilizzanti chimici e dei diserbanti nei primi anni ’60 che hanno annientato la vita microbiologica dei nostri vigneti, costringendo a ricorrere ai lieviti selezionati per l’avvio della fermentazione. Solo con un’agricoltura attenta e pulita, frutto della relazione sinergica con la natura, si potranno portare in cantina uve sane e microbiologicamente “vive”, capaci quindi di affrontare una fermentazione spontanea e processo di vinificazione privo di forzature e costrizioni, per una vera espressione del terroir. Fondamentale per il successo di una fermentazione spontanea è anche che la tecnica di vinificazione sia rispettosa della vita microbica: l’aggiunta dei solfiti sull’uva o nei mosti uccide la microflora dell’uva (lieviti) e compromette la fermentazione. Questa è la ragione per cui la fermentazione spontanea può essere condotta solo senza aggiunti di solfiti mentre in convenzionale l’uso dei lieviti industriali tolleranti ai solfiti permette di fermentare anche con l’aggiunta di solfiti.
TERROIR E LA BIOGEOGRAFIA MICROBICA
I vini biodinamici legano la loro complessità alla fermentazione spontanea dove nella prima fase della fermentazione i lieviti apiculati impartiscono al vino l’impronta digitale del terroir microbico attraverso profili organolettici unici. Nella fermentazione convenzionale ai lieviti apiculati non viene permesso di esprimersi in quanto vengono eliminati con i solfiti e con la forte colonizzazione dei lieviti industriali aggiunti.
STABILIZZAZIONE TARTARICA NATURALE
Trovare nella bottiglia piccoli cristalli (tartrati) significa che “il vino ha sentito freddo” e che ha rilasciato delle innocue precipitazioni naturali. Nel vino biodinamico non sono ammessi trattamenti fisici (refrigerazione), chimici (aggiunta di carbossi-metil-cellulosa, acido meta-tartarico, gomme arabiche e altro) e viene utilizzato solo freddo invernale come elemento di stabilizzazione tartarica. La tecnica convenzionale di stabilizzazione tartarica prevede che il vino prima di andare in bottiglia deve essere portato da temperatura ambiente a – 6/-7 °C circa e mantenuto a questa temperatura per alcuni giorni (6-7). La tecnica di stabilizzazione tartarica convenzionale, soprattutto nel periodo estivo, porta a un notevole consumo energetico. Un vero peccato questo enorme consumo di energia per evitare la presenza di qualche milligrammo di innocui cristalli di tartrato.
LIMITI DEI SOLFITI
Limite del vino biodinamico Demeter = vino bianco max 90 mg/lt
FILTRAZIONE
Non ammessa la filtrazione sterile.
AFFINAMENTO
Vasche di cemento e bottiglia.
Caratteristiche sensoriali
SCHEDA ORGANOLETTICA
Colore: giallo paglierino con riflessi verdognoli, vivace e cristallino.
Profumo: sentori di fiori bianchi e frutta fresca nel naso, è piacevole e abbastanza aromatico.
Sapore: elegante al palato, fresco e armonico.
ABBINAMENTO GASTRONOMICO
Cucina di mare, baccalà, primi piatti con salse chiare, carni bianche.
SERVIRE A 10-12°C